“Imprevisto” Vance, un nuovo imbarazzo per la maggioranza. Con Fitto che inserisce la voce Difesa nei fondi di coesione Ue e i droni russi in volo su target italiani
*articolo pubblicato il 2/4/25 su L’Altra voce- Quotidiano nazionale
Giorgia Meloni non va, al momento, a Washington. Ma il vicepresidente Usa J.D.Vance è in arrivo in Italia, a Roma, per la Santa Pasqua. L’ambasciata a Roma ha già comunicato il viaggio a palazzo Chigi, “tra il 18 e il 20 aprile” e ha chiesto di programmare l’incontro con la premier italiana. Il protocollo imporrebbe un bilaterale tra pari grado e quindi tra Vance e uno dei due vice di Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini che vanta, tra l’altro, un canale diretto e un’intesa personale con il leader della Lega. Ma per il numero 2 della Casa Bianca - al netto di precedenti impegni anche privati della premier in coincidenza della Pasqua - sarà fatto uno strappo al protocollo.
Comunque vada, sarà una visita diplomaticamente problematica: Vance è stato “beccato” mentre confessava tutto il suo fastidio per i “parassiti” europei e ha accusato l’Europa di aver “smarrito i propri valori”. Giudizio non richiesto e una visione assai semplificata della stato delle cose che però ha ottenuto il plauso di Salvini e anche di Giorgia Meloni se si sta all’intervista rilasciata la scorsa settimana al Financial Times.
Non è difficile prevedere che nei prossimi giorni la visita di Vance a Roma e la sua agenda di incontri sarà il convitato di pietra e il non-detto di ogni dichiarazione. Se il ministro degli Esteri Tajani non dovesse, ad esempio, essere coinvolto nell’agenda, potrebbe riprendere piede la polemica contro Salvini sospettato di “impicciarsi” di dossier relativi alla politica estera che, come ha appunto precisato il titolare della Farnesina, non gli competono.
Questo è lo stato delle cose in maggioranza. Salvini èimpegnato nel fine settimana in un congresso che definirà la linea del partito spostandola sempre più a destra tra sovranisti e nazionalisti a cominciare da Putin e Trump e sempre più lontano dall’Europa, sempre più a favore delle “potenze” – per usare una definizione cara al ministro Crosetto – e meno alle democrazie, al potere e alla forza anziché alla tutela dei diritti. Al di là del posizionamento internazionale della Lega, Salvini deve anche affrontare molti problemi interni: regionali (il terzo mandato per Zaia), il partito di Vannacci (che ha iniziato il tesseramento), il consenso appeso a filo doppio al pacifismo. Una bomba innescata. Che la premier cerca di gestire parlando il meno possibile e con un profilo basso. Anche così si spiega un’agenda di impegni per la settimana molto domestica: oggi il premio Maestro dell’Arte della cucina italiana ( a palazzo Chigi), nel pomeriggio in Vaticano per il ventesimo anniversario della morte di San Giovanni Paolo II; domani a Vibo Valentia per inaugurare una stazione dei Carabinieri; il giorno dopo a L’Aquila per il giuramento del 99° corso allievi dei Vigili del fuoco. Per trovare un impegno all’estero bisogna arrivare a metà aprile, destinazione Albania e Bruxelles per un nuovo round al Tavolo della Forza di Rassicurazione per l’Ucraina.
Nel frattempo si è aggiunto Vance. E tutta la delicatissima faccenda relativa ai dazi. Oggi è “il giorno della Liberazione” degli Usa dallo “sfruttamento commerciale”. E’ il giorno dei dazi. E se Bruxelles, titolare degli scambi commerciali con l’Europa, promette “dialogo” ma anche “reciprocità”, il governo italiano sussurra “bisogna trattare”.
Troppe incognite impongono il silenzio per gestire l’imbarazzo. Sul fronte della guerra in Ucraina sempre in attesa di una tregua che Putin non ha alcuna intenzione di concedere. Sul fronte commerciale in attesa di svelare il bluff o la realtà di Trump.
Di questo clima risente, in Italia, anche il dibattito sulla Difesa europea e il riarmo che oggi, a Bruxelles, avrà un nuovo appuntamento per scrivere nel concreto tanto le modalità di finanziamento del Piano (Re Arm Ue) che i passaggi operativi per nuova operatività di truppe, armi e comandi. Nella nebbia di non-detti italiani, si smarca il ministro della Difesa Guido Crosetto. Ieri era, insieme a Tajani, davanti alle Commissioni parlamentari per parlare di missioni militari all’estero 2025. Tra queste, potenzialmente, c’è anche quella in Ucraina sotto l’ombrello delle Nazioni Unite o della Nato qualora si arrivasse ad un accordo di pace ancora molto lontano. “In un mondo in cui contano sempre di più la potenza economica e militare e la disponibilità di materie prime, avere una difesa che consenta di non essere una preda facile è la garanzia della nostra sopravvivenza democratica, oltre che della sicurezza e della stabilità” ha detto Crosetto. “Ad oggi – ha aggiunto – noi non abbiamo una difesa che corrisponde a queste caratteristiche. Non è colpa di nessuno visto che nessuno di noi pensava fino a qualche anno fa che fosse necessario investire in difesa perchè ci pensavano gli Stati Uniti. Ma per come siamo messi oggi l’unico alleato che ci conferisce capacità di deterrenza è la Nato”. Questi sono i nostri punti fermi. Altre ipotesi sono “ridicole”. Ecco perché se la Nato chiama e ci chiede di investire in Difesa “dobbiamo farlo”. “La Nato non ci chiede solo un numero, ci chiede capacità. Se domani non ci fossero gli americani perderemmo oltre 60-70% di capacità della difesa e il 100% di deterrenza” ha aggiunto dando ragione a Tajani che poco prima sottolineato gli stessi argomenti. Anche sull’Ucraina, il ministro della Difesa fa chiarezza: “Non ho mai pensato che l’Ucraina potesse sconfiggere la Russia – che è stata sconfitta politicamente visto che pensava di prendere l’Ucraina in tre giorni - poteva però difendere sè stessa. Ed è quello che tutti noi abbiamo fatto in questi anni e continueremo a fare fin tanto che servirà”.
Intanto il commissario Fitto ha allargato le materie su cui possono agire i Fondi di coesione, è entrata anche la Difesa (oltre a acqua, alloggi, competitività e transizione) e ci sarà un anno di più a disposizione per la spesa. Tra le nuove voci di spesa c’è l’industria delle armi e la mobilità militare.
L’incertezza politica pesa anche sul caso del drone russo che ha volato cinque volte sui siti di ricerca anche militari intorno al lago Maggiore (località Ispra). Il governo cerca di tenere bassa la cosa, “stiamo leggendo paginate per un drone russo, forse” ha ironizzato ieri Tajani. Ma la procura di Milano fa molto sul serio. Indaga per spionaggio politico-militare con l’aggravante del terrorismo. Ha chiesto tracciati all’Aeronautica e all’Enac. Sarebbero emerse evidenze anche di “altri voli sospetti”. Parliamo di droni di fabbricazione russa ma azionati da remoto in un raggio di 50 km al massimo rispetto al Joint research center della Comunità europea che si trova a Ispra (ex Euroatom). Nella stessa area anche stabilimenti di Leonardo e della Nato. Episodi di interferenze filorusse sono già accadute in Lombardia e vicino al lago Maggiore. Se Crosetto parla di “guerra ibrida”, Tajani cerca di minimizzare. Intanto il Copasir ci vuole vedere chiaro. E le opposizioni, tramite interrogazioni parlamentari, chiedono perchè, visto che sopra Ispra c’è la no fly zone, quel drone russo non è stato abbattuto. Domanda senza risposta.